Un episodio commuovente tra le due specie, di complicità e di amicizia.
	    
	
		
				
		
        In una fattoria di campagna la gatta ha partorito cinque gattini. 
        Il fattore, scoprendo nel fienile queste future bocche inutili, scaccia brutalmente la madre, afferra senza riguardi i piccoli e va a seppellirli in un angolo del giardino, vivi!
        
                               
		
        
		 
							
        
		
		
        I cinque piccoli erano vivi, ma essendo nati soltanto da qualche ora erano sordi e ciechi, e cosi sarebbero dovuti restare ancora per dieci giorni, completamente indifferenti all'orrore di quel piccolo dramma. 
        Quando l'uomo ebbe finito, la gatta, che l'osservava dall'alto di un albero, scese, e subito si mise a grattare la terra a tutto spiano, interrompendosi di tanto in tanto, per assicurarsi che l'uomo non tornasse. 
        
        Ma gli artigli dei gatti sono cesoie e non picconi, e la povera gatta ebbe ben presto le dita insanguinate senza essere riuscita a liberare i piccoli. 
        Quale voce allora l'avvertì che non c'era un minuto da perdere? 
        Per quale processo psichico e per quale concatenazione di centri psicosensoriali le venne l'idea? 
        La gatta corse fino alla cuccia, si precipitò in cucina: andava in cerca del cane! Lo scoprì che stava sonnecchiando vicino alla porta della stalla.
        
        Ci piacerebbe a questo punto che il più illustre degli scienziati, il più abile a smontare tutti i meccanismi della macchina neurocentrale, ci spiegasse il segreto dei successivi avvenimenti: il cane sbadigliò, si stirò, e balzò in piedi al fianco della gatta. 
        Ben presto essa lo distanzio; ben presto arrivarono sul luogo. 
        Il cane annusò il suolo, abbaiò un paio di volte ma si frenò subito, e cominciò a uggiolare con impazienza. 
        Si mise anche lui a grattare. 
        Scavava freneticamente; la terra volava, sotto le zampate. 
       
      
 	
		 
		
        
        Una volta o due si fermò per annusare in profondità aflondando tutto il muso nella buca, più larga di secondo in secondo; e ben presto qualcosa apparve. 
        Senza aspettare, la gatta balzò sul fondo della piccola tomba ancor fresca; impaziente, mordeva letteralmente la terra. 
        Finì per strappare il primo neonato, e se lo portò via; il cane fece altrettanto. 
        Due minuti piu tardi la gatta era di nuovo nel fienile: anche il cane ripartì subito, tornò con il terzo scampato, mezzo morto, e lo depose fra le zampe della madre, poi un quarto, un quinto; e ogni volta la gatta correva fino all'apertura, si sporgeva dall'alto della scala, e accoglieva, facendo le fusa, con gioia, il bravo cane e il suo fardello. 
        Così le fu possibile ricuperare e rianimare i cinque gattini, tutti sporchi di saliva e di terra. 
        
        
    	
        Il pastorello della fattoria, un ragazzo di quindici anni, insospettito dagli andirivieni della gatta, raccontò la sera stessa alla padrona lo sbalorditivo salvataggio. 
        Il fattore, quando a sua volta lo venne a sapere, ne fu impietosito. 
        In seguito, la gatta e i suoi piccoli sono morti di vecchiaia, circondati dalla considerazione di ognuno.